Il Solar Orbiter ha compiuto un nuovo passaggio ravvicinato del Sole raccogliendo dati utili a spiegare le elevatissime temperature della corona solare.

Il 10 aprile il Solar Orbiter dell’ESA ha effettuato un nuovo passaggio ravvicinato del Sole, avvicinandosi a una distanza pari al 29% rispetto a quella tra la Terra e la nostra stella. Da questo punto di osservazione la sonda sta eseguendo studi ravvicinati del Sole e dell’eliosfera interna: si tratta un territorio inesplorato, poiché non abbiamo mai avuto un veicolo spaziale così vicino al Sole. Uno degli obiettivi della missione è capire perché la corona del Sole, la sua atmosfera esterna, è così calda. La corona può infatti raggiungere temperature di 2 milioni di gradi C, molto più calde della sua superficie che arriva a 5.500 C.

L’anno scorso il veicolo spaziale ha restituito dati che mostrano che sulla superficie del Sole si sta verificando un fenomeno conosciuto che prende il nome di “riconnessione magnetica”. Ma in questo caso sono su scale estremamente ridotte, che prima non si potevano rilevare.

Uno sguardo sempre più vicino

Credit: ESA

In un nuovo articolo, pubblicato sulla rivista Nature, il team di missione ha spiegato che la riconnessione magnetica si verifica quando un campo magnetico si trasforma in una configurazione più stabile. È un meccanismo fondamentale di rilascio di energia nei gas surriscaldati noti come plasma. Queste riconnessioni sono state osservate in precedenza su vaste aree della superficie del Sole e sono note per essere un meccanismo chiave coinvolto nel causare eruzioni e brillamenti solari.

La nuova ricerca, che ha combinato i dati di Solar Orbiter con quelli del Solar Dynamics Observatory (SDO) e delle missioni Interface Region Imaging Spectrograph (IRIS) della NASA, mostra che la riconnessione magnetica che si verifica su scale più piccole è un ottimo candidato per il misterioso riscaldamento della corona solare.

Il team ha affermato che le osservazioni ad altissima risoluzione di Solar Orbiter mostrano che nella corona avvengono persistenti riconnessioni su piccola scala (circa 390 km di diametro). Queste si sono rivelate essere una sequenza più “gentile” e di lunga durata rispetto agli improvvisi rilasci esplosivi di energia a cui la riconnessione è solitamente associata per eventi come le espulsioni di massa coronale.

Le temperature attorno al punto del campo magnetico in cui l’intensità dello stesso scende a zero, definito “punto zero”, si sono mantenute a circa 10 milioni di gradi Celsius e hanno generato un deflusso di materiale che si è presentato sotto forma di blob che si allontanano dal punto zero con una velocità di circa 80 km/s. Oltre a questo continuo deflusso, attorno a questo punto nullo si è verificato anche un episodio esplosivo, durato quattro minuti.

Illustrazione del Solar Orbiter
Credit: ESA/Medialab

Il team ha affermato che i risultati del Solar Orbiter suggeriscono che la riconnessione magnetica, su scale che in precedenza erano troppo piccole per essere risolte, procede continuamente in modi delicati ed esplosivi. Questo è importante perché significa che la riconnessione può quindi trasferire in modo persistente massa ed energia alla corona sovrastante, contribuendo a riscaldarla.

Mentre la missione Solar Orbiter continua, i ricercatori hanno affermato che ora sperano di eseguire osservazioni con una risoluzione spazio-temporale ancora più elevata in futuri sorvoli ancora più ravvicinati del veicolo spaziale per stimare quale frazione del calore della corona può essere trasferita in questo modo.

Riferimenti: Universe Today

Se sei arrivato fin qui è perché hai ritenuto il nostro articolo degno di essere letto fino alla fine. Da sempre Passione Astronomia prova a costruire, attraverso la divulgazione scientifica, una comunità di persone più informate e consapevoli. È anche il motivo per cui abbiamo deciso di scrivere un libro dedicato all’astronomia. È scritto in modo chiaro e semplice, proprio perché per noi la divulgazione deve essere accessibile a tutti. Lo trovi qui.