Sono stati rilevati piccolissimi stellamoti sulla stella Epsilon Indi, molti utili per ottenere informazioni su struttura e composizione interna degli astri.

All’interno delle stelle, i moti turbolenti della materia generano onde di pressione che fanno pulsare la loro superficie. Stellamoti, o “starquakes” in inglese, è così che si chiamano queste onde in grado di scuotere le stelle. Come i geologi utilizzano i terremoti per indagare la struttura della Terra, gli astronomi utilizzano gli stellamoti per ottenere informazioni sulla struttura e sulla composizione interna delle stelle. Utilizzando tecniche di astrosismologia, la scienza che studia questi fenomeni, Tiago Campante, astronomo dell’Instituto de Astrofísica e Ciências do Espaço, e colleghi hanno registrato piccolissime pulsazioni della superficie di una nana arancione, la stella Epsilon Indi, riconducibili al più piccolo stellamoto mai rilevato. Allo studio, accettato per la pubblicazione su Astronomy & Astrophysics Letters, hanno partecipato Enrico Corsaro ed Ennio Poretti dell’Inaf, e Diego Bossini, ricercatore associato Inaf.

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Piccolissime pulsazioni

Infografica che mostra alcune caratteristiche della nana arancione Epsilon Indi e del Sole a confronto. Credit: Paulo Pereira (Instituto de Astrofísica e Ciências do Espaço)

Un modo per rilevare gli stellamoti prevede di misurare le piccole variazioni nella luce di una stella. Le pulsazioni della superficie dell’astro influenzano infatti le lunghezze d’onda della radiazione visibile che osserviamo, producendo spostamenti verso il blu o verso il rosso per effetto Doppler, rilevabili misurando la velocità radiale della stella. Nello studio in questione, utilizzando lo spettrografo Espresso montato sul Very Large Telescope dell’Eso, i ricercatori sono riusciti a registrare queste variazioni luminose nello spettro di Epsilon Indi, una nana arancione distante 11.9 anni luce dalla Terra, situata nella costellazione dell’Indiano.

«Le velocità radiali sono una misura ottenuta grazie all’effetto Doppler che le oscillazioni della stella producono sul suo spettro» dice a Media Inaf  Enrico Corsaro, astronomo dell’Inaf di Catania e co-autore della pubblicazione. «Quando si verificano queste oscillazioni (o stellamoti) – aggiunge Corsaro – la stella si espande e si contrae continuamente. Quando si espande, per effetto Doppler le righe dello spettro si spostano verso il blu, viceversa quando si contrae le righe si spostano verso il rosso. Grazie a strumenti come gli spettrografi, siamo in grado di osservare queste variazioni, anche se di entità molto piccola, che sono direttamente legate a proprietà fondamentali della stella quali massa e raggio, e alla sua struttura interna».

La successiva traduzione di queste variazioni luminose in onde sonore ha permesso ai ricercatori di osservare qualcosa che non si aspettavano. Negli spettri di frequenza risultanti, hanno trovato che l’ampiezza dello onde variava di un paio di centimetri al secondo (un valore che è circa il 14 per cento dell’ampiezza di oscillazione degli stellamoti registrati sulla nostra stella): la firma del più piccolo starquake mai registrato fino ad oggi.

L’estremo livello di precisione di queste osservazioni, spiegano i ricercatori, dimostra che è possibile fare astrosismologia anche su stelle con temperature superficiali fino a 4.200 gradi Celsius, circa 1.000 gradi in meno della temperatura della superficie del Sole, aprendo di fatto un nuovo dominio nell’astrofisica osservativa.

Un’analisi molto precisa

Rappresentazione artistica di detriti in orbita attorno a una nana bianca. Credits: NOIRLab/NSF/AURA/J. da Silva

«Grazie alle capacità dello spettrografo Espresso, siamo riusciti a cogliere delle oscillazioni sulla superficie stellare con un’ampiezza di appena 2.6 centimetri al secondo» sottolinea Corsaro. «Questo nuovo limite di precisione ci permette di misurare le oscillazioni in un nuovo regime che di base prima non era accessibile, quello delle stelle fredde di tipo K con temperature intorno ai 4.200 gradi Celsius, che presentano oscillazioni molto piccole. Prima di questo lavoro, la stella più fredda in cui sono state misurate oscillazioni di tipo solare era la stella Kepler-444, che ha una temperatura superiore a 4700 gradi Celsius».

I risultati ottenuti in questo studio possono aiutare gli scienziati a risolvere il disaccordo di lunga data tra teoria e osservazioni circa la relazione tra massa e diametro di queste stelle di classe spettrale K e classe di luminosità V.

«È noto che i modelli di evoluzione stellare sottostimino il diametro delle nane K del 5-15 per cento rispetto al valore ottenuto con metodi empirici» dice a questo proposito Margarida Cunha, ricercatrice dell’Instituto de Astrofísica e Ciências do Espaço e co-autrice della pubblicazione. «Lo studio delle oscillazioni delle nane K attraverso l’astrosismologia, aiuterà a identificare le carenze degli attuali modelli stellari e, quindi, a migliorarli in modo da eliminare questa discrepanza».

Le nane arancioni e i loro sistemi planetari sono diventate recentemente un obiettivo primario nella ricerca di mondi abitabili e di vita extraterrestre.  I risultati di questo studio, sottolineano i ricercatori, dimostrano che l’astrosismologia può ora essere potenzialmente utilizzata per la caratterizzazione dettagliata di queste stelle e dei loro pianeti abitabili. Inoltre, la determinazione precisa dell’età di stelle fredde vicine grazie all’astrosismologia può essere fondamentale per interpretare le biofirme di esopianeti fotografati tramite imaging diretto.

Nuove applicazioni

Rappresentazione artistica delle onde di pressione, a frequenze diverse, che si propagano negli strati interni di una stella. Credit: Tania Cunha (Planetário do Porto – Centro Ciência Viva)/Instituto de Astrofísica e Ciências do Espaço

Dopo aver rilevato la presenza di oscillazioni di tipo solare in Epsilon Indi, quello che hanno in programma ora i ricercatori è di utilizzare le oscillazioni per studiare la complessa fisica delle stelle nane di tipo K. Queste stelle sono infatti più fredde e più attive del nostro Sole, il che le rende veri e propri laboratori per sondare fenomeni chiave che hanno luogo nei loro strati superficiali e che non sono ancora stati studiati in dettaglio.

Ogni volta che apriamo una nuova finestra sulla natura, nuove sorprese ci portano a scoperte inaspettate, concludono i ricercatori. Epsilon Indi promette di essere una di queste finestre. Una finestra con una vista luminosa.

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Fonte: INAF, Astronomy & Astrophysics Letters