Ci si è arrivati grazie ad un modello in 3D ricostruito al computer del famoso buco nero fotografato per la prima volta nel 2019. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Il primo (e finora unico) buco nero che sia mai stato fotografato, l’M87, emette getti di plasma che viaggiano vicini alla velocità della luce. A dircelo uno studio, pubblicato questa settimana su Nature Astronomy dal professor Alejandro Cruz-Osorio dell’Università di Francoforte. Il buco nero si trova a circa 55 milioni di anni luce dalla Terra, nella costellazione della Vergine. Ha una massa di circa 6,5 miliardi di volte quella del Sole. Ma come si è arrivati a capire che dal buco nero partono getti relativistici ad una velocità prossima a quella della luce? Grazie a modelli 3D sviluppati al computer. Vediamo come.

Lungo le linee del campo magnetico, le particelle vengono accelerate in modo da formare un getto che si muove ad una velocità prossima a quella della luce. Credit: Alejandro Cruz-Osorio.

Il getto relativistico di M87

L’enorme quantità di energia necessaria ad alimentare questo getto proviene dall’attrazione gravitazionale del buco nero, ma non è ancora chiaro come avvenga questa emissione e cosa la mantenga stabile. In pratica M87 attrae materia che orbita attorno ad un disco sempre più piccolo, fino a quando non viene inghiottita dal buco nero. Il getto si propaga dal centro del disco di accrescimento che circonda M87 e gli scienziati sono riusciti a modellare questa regione al computer in maniera molto dettagliata.

Per farlo si sono serviti di simulazioni fatte da supercomputer e hanno dovuto combinare insieme le equazioni della relatività generale di Einstein, quelle di Maxwell sull’elettromagnetismo e quelle della fluidodinamica di Eulero. Il risultato di questi complessi calcoli è stato un modello in cui i valori di temperatura, densità della materia e campo magnetico corrispondono a quanto dedotto dalle osservazioni astronomiche. A partire da questo gli scienziati sono riusciti a tracciare il movimento dei fotoni nello spazio-tempo curvo della regione più interna del getto, traducendolo in immagini radio. Hanno poi confrontato queste immagini modellate al computer con le osservazioni di radiotelescopi e satelliti negli ultimi tre decenni.

M87
Il buco nero supermassiccio M87. Credit: Event Horizon Telescope

Cosa ci dicono i risultati di Osorio

Il modello teorico delle emissioni elettromagnetiche e della morfologia di questi getti si abbinano perfettamente con le osservazioni degli spettri ottici e infrarossi. Questo suggerisce che il buco nero supermassiccio M87 è un buco nero rotante e che il plasma è fortemente magnetizzato nel getto. Ecco perché le particelle accelerano ad una velocità prossima a quella della luce.

Il fatto che le immagini calcolate siano così vicine alle osservazioni astronomiche è un’altra importante conferma della veridicità della teoria della relatività generale di Einstein, nonché la conferma della presenza di buchi neri supermassicci al centro delle galassie.

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