È uno spazio che era considerato vuoto, fino alla fine del XIX secolo. Ora invece sappiamo essere un agglomerato di materia, gas e polvere che si trova tra le stelle che compongono una galassia.
Fino alla fine del XIX gli scienziati credevano che non ci fosse niente tra una stella e l’altra. Lo spazio interstellare era considerato vuoto, insomma. Fu solo agli inizi del Novecento, grazie all’astronomo tedesco Johannes Hartmann, che si riuscì a scoprire il gas interstellare, quell’insieme di atomi e molecole derivanti dai residui di stelle morte. Ventisei anni dopo, nel 1930, lo svizzero Robert Trumpler scoprì la polvere interstellare, quell’agglomerato di gas e materia che causava l’arrossamento del colore delle stelle lontane.
Da cosa è composto il mezzo interstellare
Ma come ci siamo arrivati a dire che fra le stelle esiste questo mezzo interstellare? Se osserviamo una stella molto lontana, la sua luce può diminuire di intensità perché rifratta e assorbita dal mezzo. Gli astronomi sono riusciti a studiarne l’effetto sfruttando questa “estinzione” della luce. Le diverse bande di assorbimento, non attribuibili alla stella, ci hanno fornito moltissime informazioni sulla densità e la velocità dei gas che compongono questo spazio.
La sua composizione, però, è differente da galassia a galassia. Nelle galassie ellittiche, ad esempio, è quasi completamente assente. In quelle lenticolari è presente in misura ridotta, mentre in quelle più giovani, compresa la nostra Via Lattea, ce n’è di più.
Il mezzo interstellare è composto al 99% da gas e solo per l’1% da polvere di stelle. Il gas, a sua volta, presenta un 90% di idrogeno (sempre lui, immaginate quindi quanto ce n’è nell’universo) e per il 10% da elio. D’altronde sono gli elementi principali per la formazione e composizione delle stelle, quindi è abbastanza scontato trovarne una gran quantità in questi agglomerati di residui stellari.
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