Un recente studio pubblicato su “Planetary and Space Science” da un team tutto Italiano, getta nuova luce su Ganimede e il suo oceano.

C’era una volta…

Nella fredda notte del 7 gennaio 1610, forse ispirato da un cielo terso e trapunto di stelle, Galileo Galilei, il padre della scienza moderna, puntò il suo telescopio alla volta di Giove e per la prima volta nella storia del mondo un essere vivente osservava il “gigante” del sistema solare. Giove non era solo però; a farvi compagnia in quella “romantica danza cosmica” vi erano le sue lune principali: Io, Europa, Callisto e Ganimede. Sebbene siano trascorsi più di 400 anni, ancora oggi la vista di Giove ci lascia senza fiato e le sue lune non cessano di stupire.

Galileo Galilei
I quattro satelliti principali di Giove in ordine di grandezza da sinistra a destra

News da Ganimede.

E’ infatti di qualche giorno la pubblicazione di uno studio tutto italiano che vede coinvolto un team guidato dalla ricercatrice dell’ INAF di Padova, la dott.ssa Alice Lucchetti, nel quale gli autori analizzano e studiano le “grooves“, ovvero le faglie presenti sulla superficie di Ganimede, allo scopo di carpirne i segreti più nascosti.

La dott.ssa Alice Lucchetti

Ganimede: un satellite da Guinness

Ganimede è il satellite naturale più grande di Giove ed anche il più grande dell’intero sistema solare grazie ai suoi ben 5262 km di diametro. Le sue particolarità , tuttavia, non finiscono qui! Esso è anche il solo, fra i corpi rocciosi del sistema solare esterno, ad avere una propria attività interna ed ancora è anche caratterizzato dalla presenza di un vasto oceano di acqua sommerso sotto una spessa crosta di ghiaccio.

Grooves su Ganimede

Lo studio

In questo studio, gli autori hanno analizzato le faglie presenti sulla superficie del satellite, avvalendosi di “mappe topografiche” realizzate a partire dai dati ottenuti dalle sonde Voyager 1 , Voyager 2 e Galileo. Nello specifico, il team di ricerca ha analizzato le “light/bright terrains“, ovvero le aree maggiormente luminose del satellite caratterizzate da pochi crateri e perciò di più recente formazione dove sono per l’appunto site le grooves e che rappresentano circa il 65% della superficie di Ganimede.

Le regioni prese in esame sono 4 e tutte collocate in prossimità dell’equatore: Uruk Sulcus, Babylon Sulci, Phrygia Sulcus, Mysia Sulci nelle quali sono presenti rispettivamente 1068, 882, 678, 987 grooves. Le tecniche utilizzate per poterne studiare le caratteristiche sono molteplici, ad esempio l’analisi frattale, ampiamente utilizzata negli studi di geologia terrestre (self-similar clustering analaysis), e la length distribution analysis, ovvero tecniche finalizzate allo studio, alla stima della lunghezza delle grooves e a capire in che modo si approfondano nella crosta ghiacciata.

Le regioni oggetto di studio.
Cosa hanno scoperto?

I risultati ottenuti hanno evidenziato come esistano ben due differenti tipologie di grooves: quelle più corte (<150 Km) confinate in superficie e quelle di lunghezza maggiore (>200 Km) che pare entrino in contatto con l’oceano liquido sottostante. Una successiva analisi statistica ha fatto risaltare una stretta correlazione tra la distribuzione spaziale superficiale e la loro profondità che è stata stimata essere, in media, in un range di 105-130 Km sotto il livello della crosta di ghiaccio. Altro lato interessante è il fatto che tali strutture paiono essere al confine fra i dark e i light terrains.

Tirando le somme

In conclusione, questo studio conferma le ipotesi e i risultati indipendenti di altri lavori ( Sour et al. 2015) che suggerivano una spessa crosta di ghiaccio di circa 80-130 Km (profondità alla quale, perciò, dovrebbe trovarsi l’oceano liquido di Ganimede), spianando la strada a future missioni di sonde che non tarderanno ad arrivare. E’, infatti, previsto per il 2022 il lancio della sonda Juice dell’ESA che studierà più in dettaglio le lune ghiacciate di Giove. Grazie alla camera Janus (made in Italy Università Parthenope di Napoli) Juice restituirà immagini ad alta risoluzione, permettendo di mappare la superficie di Ganimede nella sua interezza e rendendo anche più facile l’analisi delle grooves, delle loro caratteristiche e comportamenti.

Rappresentazione artistica della sonda Juice.

Insomma, ci aspetta un futuro all’insegna delle grandi scoperte e chissà che sotto le sue misteriose cicatrici, nelle profondità del suo oceano, Ganimede non ci riservi qualche sorpresa, come dire, speciale!

Credits: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0032063320303536

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