Grazie al Virtual Telescope Project, progetto italiano, è stato scoperto un blazar nel campo osservativo della galassia di Andromeda.

Incredibile, ma vero: il Virtual Telescope Project colpisce ancora. Dopo la recente osservazione di una candidata nova nella Galassia di Andromeda, questa volta i suoi strumenti altamente tecnologi, sotto il controllo del direttore scientifico e fondatore, l’astrofisico Gianluca Masi, hanno molto probabilmente scoperto un oggetto decisamente più estremo nel campo della galassia, e tra i più violenti del Cosmo: un buco nero supermassiccio denominato “blazar”.

La sera del 15 agosto scorso, confrontando alcune immagini appena ottenute della regione di cielo dove si trova la grande galassia di Andromeda con alcune del giorno 10, veniva notata una sorgente di aspetto stellare in sensibile aumento di luminosità. Immediate e accurate verifiche permettevano di collegare l’oggetto ottico variabile trovato ad una sorgente classificata negli archivi sia per emissioni alle lunghezze d’onda radio che X, prospetticamente nella direzione della citata galassia. I database non riportavano alcuna informazione circa la variabilità di una controparte ottica.

Blazar: buchi neri supermassici estremi

Illustrazione Blazar
Illustrazione di Nuclei Galattici Attivi: il blazar punta il getto direttamente verso l’osservatore. Credit: GSFC/NASA

Da quel momento essa è stata costantemente monitorata attraverso gli strumenti del Virtual Telescope Project, evidenziando ampie e rapide variazioni di splendore. Consultando diversi archivi presenti in rete, l’astrofisico Gianluca Masi è riuscito a ricostruire il comportamento a lungo termine della luminosità del corpo celeste, a conferma di quanto osservato personalmente. Sempre negli archivi, la controparte ottica è presente solo con poche, sporadiche osservazioni, senza alcun cenno al comportamento luminoso; questi pochi dati hanno permesso, però, di comprendere che l’intervallo di variazione della sorgente variabile ora scoperta è notevole, pari ad almeno un fattore 100.

Si tratta di uno dei corpi celesti più intriganti dell’intero Universo, che per essere compreso richiede che si immagini uno scenario davvero estremo, quello dei cosiddetti nuclei galattici attivi (AGN: Active Galactic Nucleus). Un colossale buco nero, dalla massa pari a miliardi di volte quella del Sole, siede al centro di una remota galassia. Esso riceve continuamente materiale dallo spazio circostante che, in attesa di precipitare al suo interno, indugia in un disco di accrescimento molto caldo, che rilascia un’enorme quantità di energia.

A causa dell’intenso campo magnetico, una parte del materiale si sottrae a quell’infausto destino, venendo espulso a velocità prossime a quella della luce, lungo due getti di plasma perpendicolari al disco di accrescimento. Se il getto è diretto perfettamente verso l’osservatore, la luminosità della sorgente appare come amplificata. È questo tipo di nucleo galattico attivo che viene chiamato blazar.

La conferma che il transiente scoperto da Masi fosse la controparte ottica di un blazar necessitava di una valutazione di tipo spettroscopico, che l’astrofisico ha richiesto all’Osservatorio Astronomico di Padova dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Il 24 settembre, in condizioni di cielo non ideali, è stato ottenuto uno spettro da Asiago-Ekar, con il telescopio Copernico. Pur con i limiti derivanti dalle condizioni meteo non favorevoli, lo spettro ottenuto non mostra alcuna riga evidente, il che è coerente con l’ipotesi che la sorgente osservata sia proprio un blazar. Ora l’obiettivo è ottenere uno spettro in condizioni atmosferiche ideali.

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Un cielo contaminato

Blazar Andromeda
Il transiente scoperto da Gianluca Masi. La galassia ellittica al centro in alto è Messier 32, mentre sulla sinistra si nota il nucleo della grande Galassia di Andromeda (Messier 31). Credit: Gianluca Masi

“È sorprendente che importanti scoperte possano essere effettuate anche in zone di cielo estremamente battute, come in questo caso”, commenta l’astrofisico Gianluca Masi. “Abbiamo rivenuto questo oggetto prospetticamente proprio accanto alla galassia di Andromeda, uno dei corpi celesti più fotografati in assoluto”.

Al successo di queste ricerche contribuisce anche un fattore ambientale fondamentale del sito dove sono installati i telescopi. Determinante, infatti, è la qualità del cielo della sede dell’osservatorio, Manciano, nella Maremma grossetana, il più puro, buio e stellato della penisola. L’assenza di inquinamento luminoso permette alle tecnologie impiegate di catturare anche i corpi celesti più elusivi, che da altri luoghi del Paese non sarebbero affatto visibili, a parità di strumenti. Ciò garantisce osservazioni e misurazioni particolarmente preziose e significative per la scienza.

Un cielo, quello di Manciano, oggi protagonista di un’iniziativa di sensibilizzazione per la sua messa in sicurezza proprio sotto il profilo dell’inquinamento luminoso, per preservare l’ultima oasi davvero stellata dello Stivale, facilmente accessibile.

“Stiamo cercando di contattare l’Assessorato all’Ambiente della Regione Toscana, per proporre la tutela di quel cielo così favorevole allo studio e alla contemplazione dell’Universo, prima che venga contaminato”, afferma Gianluca Masi, autore di questa importante scoperta. “In altri Paesi europei, su un territorio come quello verrebbe istituito un Parco delle Stelle”, conclude l’astrofisico.

Riferimenti: Comunicato Stampa, Video e Immagini disponibili