La presenza di bande di asteroidi all’interno di dischi protoplanetari può indicare la presenza di esopianeti.

Sebbene negli ultimi anni siano stati trovati migliaia di esopianeti, ci sono solo tre metodi per trovarli. Il primo consiste nell’osservare una stella che si oscura leggermente quando un pianeta le passa davanti (metodo di transito). Il secondo è misurare l’oscillazione di una stella mentre un pianeta in orbita le dà uno “strattone” gravitazionale (metodo Doppler). Il terzo è osservare direttamente l’esopianeta. Adesso un nuovo studio pubblicato sull’Astrophysical Journal Letters ha proposto un quarto metodo.

Ma ciascuno dei metodi che utilizziamo attualmente ha i suoi svantaggi. Il metodo di transito funziona solo quando l’orbita di un esopianeta è allineata con la nostra visione della stella, il metodo Doppler tende a favorire pianeti più grandi che orbitano vicino a una piccola stella e l’osservazione diretta è migliore per i grandi pianeti che orbitano lontano dalla loro stella. Ma tutti questi metodi funzionano solo per gli esopianeti in orbita attorno a stelle di mezza età. Queste sono le stelle che da tempo hanno ripulito la polvere e i detriti intorno a loro. Quindi, mentre abbiamo imparato molto sui tipi di sistemi planetari che sono là fuori, abbiamo imparato meno su come si formano i giovani sistemi stellari.

Rappresentazione artistica dell’aspetto dei dischi che formano i pianeti attorno alle giovani stelle. Credits: MPIA graphics department

Osservare il disco protoplatenario

Grazie a radio-osservatori come ALMA, abbiamo ottenuto una buona visuale dei primi dischi di detriti attorno a stelle molto giovani. Questi dischi emettono un debole bagliore radio che ALMA è particolarmente efficace nel catturare. Una delle cose che abbiamo notato in molti di questi dischi è che hanno degli spazi vuoti (o bande) al loro interno. Si ritiene che esse siano causate da giovani esopianeti che stanno scavando nel disco di detriti mentre crescono ed evolvono.

Il problema è che non possiamo essere certi di sia quello che stia realmente accadendo. Ci sono altre possibili spiegazioni, come turbolenza o risonanze gravitazionali all’interno del disco, che possono provocare la formazione di spazi vuoti. Però, mentre possiamo studiare la struttura delle bande del disco, i telescopi come ALMA non possono osservare un vero pianeta in orbita all’interno di una di queste. Anche un pianeta grande come Giove è troppo piccolo per essere rilevato direttamente.

Quindi questo nuovo studio ha adottato un approccio diverso. Invece di rilevare direttamente esopianeti nel disco, perché non cercare segni all’interno del disco di detriti che confermino la sua presenza?

Il segno degli asteroidi troiani

Giove è il pianeta più massiccio del nostro sistema solare e nel tempo ha influenzato le orbite di corpi più piccoli come gli asteroidi. Una delle sue più chiare influenze è nella cintura degli asteroidi, dove ha indotto cali nella distribuzione degli oggetti noti come lacune di Kirkwood. L’altro è nella collezione stessa di asteroidi che ha raccolto nella sua orbita, conosciuti come asteroidi troiani.

Gli asteroidi troiani sono piccoli corpi che sono rimasti intrappolati nei punti di Lagrange di Giove. Queste sono regioni nell’orbita di Giove a circa 60° più avanti e dietro lo stesso Giove. Attraverso la danza gravitazionale tra Giove e Sole, i punti di Lagrange sono pozzi gravitazionali piuttosto profondi, quindi tutto ciò che si trova lì tende a rimanervi. Per questo, mentre Giove orbita intorno al Sole, un gruppo di asteroidi troiani marcia davanti e dietro a esso.

Un esopianeta all’interno di un disco di polveri. Credit: M.Weiss/Center for Astrophysics | Harvard & Smithsonian

Nel nuovo studio, il team si è concentrato su una giovane stella nota come LkCA 15 e ha cercato dinamiche gravitazionali simili a quelle di Giove. Analizzando le immagini ad alta risoluzione della stella e del suo disco di detriti, hanno trovato due debolissimi ammassi di polvere.

Gli ammassi si trovavano nella stessa orbita all’interno del disco di detriti e sono separati da un angolo di 120° gradi. In altre parole, gli ammassi hanno tutte le caratteristiche che indicano la loro presenza all’interno dei punti di Lagrange di un giovane pianeta. Sulla base dei dati, il team stima che il pianeta abbia all’incirca le dimensioni di Nettuno o Saturno. Dato che il pianeta ha probabilmente solo un paio di milioni di anni, sembra essersi formato abbastanza rapidamente.

Tutto questo dipinge un quadro interessante dell’evoluzione planetaria. I grandi pianeti sembrano formarsi presto all’interno di un sistema stellare e quasi immediatamente iniziano a influenzarne la danza gravitazionale. Resta da vedere se gli astronomi potranno trovare esopianeti simili in altri giovani sistemi stellari utilizzando lo stesso metodo.

Riferimenti: Universe Today

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