Il dopo Apollo

Verso la metá del programma Apollo (inizio anni ’70), Von Braun presentò al congresso americano il Progetto Marte, la naturale evoluzione del programma lunare.

Gli americani avevano dimostrato di poter andare sulla Luna, basandosi su procedure precise e metodiche, seguendo “step by step” i percorsi e progetti in corso. Quindi si poteva ragionevolmente credere che Von Braun e la Nasa avrebbero potuto inviare uomini su Marte in un decennio.

Il cambiamento di rotta

Pur con il successo planetario del Progetto Apollo, il congresso americano non aveva piú quello spirito di sfida politica/militare dei tempi di Kennedy, anzi, i costi della guerra in Vietnam crescevano a dismisura e non c’era nessuna previsione sulla fine del conflitto.

Il Presidente Nixon, al contrario di Kennedy, non aveva nessun interesse diretto nella ricerca spaziale, e si era giá spaventato con la vicenda Apollo 13, quindi non sostenne la continuazione del programma Apollo (tagliando le missioni 18, 19 e 20) e tanto meno, la conquista di Marte.

Le esigenze concrete

I tempi erano cambiati, e i militari premevano per la realizzazione di un lanciatore economico e riutilizzabile, che potesse portare in orbita polare almeno 18 tonnellate, il peso medio di un satellite spia dell’epoca, e che fosse in grado di riportare a terra tali satelliti se necessario.

Le fasi di lancio, operazioni in orbita e rientro dello Shuttle.
Credit: Wikipedia

Comincia lo studio del progetto Space Shuttle.

Furono presentati vari progetti, all’inizio tutta la struttura doveva essere riutilizzabile, sia l’orbiter che lo stadio di messa in orbita, ma il congresso limitò ulteriormente il bilancio della Nasa, che dovette scendere a vari compromessi, alcuni anche molto pericolosi, nella questione di sicurezza attiva per l’equipaggio.

Per esempio, era previsto che l’orbiter fosse dotato di motori a reazione, per atterrare come un normale aereo di linea, e permettergli, se necessario, di rifare le procedure o cambiare pista in caso di problemi.

Il lanciatore invece, doveva essere una specie di copia alata dell’orbiter, terminata la messa in orbita, rientrava da solo, pronto per lanciare un altro orbiter.

Credit: NASA

I compromessi economici e tecnologici

Non andò così, anzi, i tagli alla Nasa aumentarono. Prima di tutto furono eliminati i motori a reazione, quindi lo Shuttle non sarebbe piú stato un “aereo spaziale” autonomo, ma un vero e proprio aliante, cosicchè una unica manovra era permessa, ossia l’atterraggio, senza margini di errore.

Lo Shuttle Discovery durante il rientro
Credit: NASA STS-131

Anche i possibili sistemi di “abort” furono eliminati: l’equipaggio era dentro e non aveva nessuna possibilità di scappare in caso di avarie, uno dei primi piloti di test affermò che era come far “planare un mattone”, cioè veniva giù a velocità ipersonica e con portanza aerodinamica appena sufficiente.

Il secondo taglio dei fondi eliminò totalmente il lanciatore “alato”, che fu sostituito da due booster laterali riutilizzabili e da un serbatoio esterno non riutilizzabile, che avrebbe alimentato i motori principali dell’orbiter.

La configurazione definitiva dello Space Shuttle
Credit: NASA

I motori dell’orbiter

Erano tre i motori installati nello Shuttle, costruiti dalla divisione Rocketdyne della Pratt & Whitney. Denominati SSME o Aerojet Rocketdyne RS-25, bruciavano idrogeno e ossigeno liquidi, che arrivavano dal grande serbatoio centrale.

Scheme di funzionamento dei motori dell’orbiter
Credit NASA

I booster laterali

I Solid Rocket Booster, o SRB, erano i due razzi laterali del sistema Shuttle. Funzionavano a combustibile solido, e davano l’83% della spinta totale al decollo.

La flotta

Credit: NASA

Furono 5 le navette costruite, piú una che serviva appena per i test aerodinamici, l’Enterprise. Dal 12 aprile 1981 al 21 luglio 2011 sono stati effettuati 135 lanci, di cui due ebbero un esito disastroso. Il Challenger esplose dopo pochi secondi dal lancio, mentre il Columbia si disintegrò al rientro nella atmosfera. In totale morirono tutti i 14 membri degli equipaggi.

I costi non previsti

Le previsioni iniziali per lo Shuttle totalmente riutilizzabile, erano intorno ai 15-20 milioni di dollari per missione, stime molto ottimistiche, fatte in un’epoca in cui poco si sapeva sulla reale incidenza dello stress di lancio e rientro ripetuti.

Le missioni dello Shuttle arrivarono a costare dai 500 ai 700 milioni di dollari, cadauna, le previsioni iniziali erano di 15-20 giorni per il riutilizzo dell’orbiter, (prima configurazione) mentre la realtà diceva 1 anno in media.

La necessità di controlli rigorosi

Andare in orbita comporta uno stress dei componenti che non puó essere ignorato quindi, quando uno Shuttle rientrava, bisognava ispezionare tutto, dal rivestimento (costosissimo) in materiale ceramico fino ai piú piccoli dettagli.

Si usavano anche i raggi X per controllare la presenza di eventuali cedimenti strutturali, il costo operazionale non era allettante per clienti privati che, con meno della metá, potevano lanciare i loro satelliti con razzi convenzionali.

Altra voce di costo era l’addestramento degli astronauti, un pilota aveva bisogno di 1 anno di test e simulazioni per poter pilotare lo Shuttle.

La cabina di pilotaggio dello Shuttle Endeavour
Credit: NASA

L’ereditá dello Shuttle

È stata una macchina straordinaria, che tanto ha dato, anche se con costi (umani e materiali) superiori al previsto. Senza lo Shuttle non si sarebbe potuto costruire la Stazione Spaziale Internazionale ISS, o fare la spettacolare riparazione del Telescopio Hubble, insieme ad altre decine di missioni irripetibili.

Credit: NASA
Credit: NASA

Lo Shuttle è stato messo in pensione dopo 30 anni di servizio, la flotta era ormai obsoleta, e non era più possibile garantire i margini di sicurezza minima nei lanci. I costi erano ormai insostenibili, e la NASA non aveva più i fondi necessari.

Lo studio dello Shuttle del futuro
Credit: NASA

Il futuro mai avvenuto

I costi cancellarono anche i progetti futuri, e la NASA dovette fare un passo indietro,tornando ai lanciatori non riutilizzabili, e aprendo le porte ai privati.

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