Negli anni ’60 il fisico americano Robert Bussard propose un’idea radicale per poter effettuare un viaggio interstellare in tempi ragionevoli. Ecco come.

Il viaggio interstellare è il sogno di milioni di astronomi. Finora, però, solo le sonde Voyager (e le Pioneer) si sono avvicinate a quello che a tutti gli effetti può essere definito viaggio interstellare. Negli anni ’60, però, un fisico americano di nome Robert Bussard propose un’idea alquanto innovativa per realizzarlo. Il progetto si basava sulla costruzione di un veicolo spaziale con un potente campo magnetico in grado di raccogliere idrogeno direttamente dal mezzo interstellare. L’alta velocità di questa specie di reattore avrebbe trattenuto l’idrogeno in un campo sempre più ristretto, fino alla fusione. Il campo magnetico, insomma, sarebbe servito a dirigere l’energia risultante verso la parte posteriore del veicolo, generando una propulsione.

Viaggio interstellare
È possibile il viaggio interstellare? Credit: Pixabay

Quanto è praticabile l’idea del Bussard Ramjet

Il Bussard Ramjet (questo il nome del progetto) venne reso popolare anche grazie a scrittori di fantascienza del calibro di Poul Anderson, Larry Niven, Vernor Vinge e Carl Sagan. Sfortunatamente, un team di fisici ha di recente analizzato il progetto affermando che l’idea non sia praticabile, almeno nell’immediato.

C’è da dire, però, che il Bussard Ramjet sarebbe una soluzione ingegnosa per inviare missioni con equipaggio verso altri sistemi stellari. Progetti precedenti (Orion e Daedalus) si basavano sulla propulsione nucleare per raggiungere la velocità necessaria a farci compiere un viaggio interstellare in un lasso di tempo relativamente breve. Il problema, però, sta proprio nel riuscire a raggiungere queste velocità relativistiche (prossime, quindi, a quelle della luce).

La proposta di Bussard avrebbe bisogno di un potentissimo campo magnetico per sfruttare l’idrogeno come fonte di energia. L’idea non è stata accantonata, anzi: nello spazio interstellare c’è una gran quantità di idrogeno che potremmo sfruttare. Se potessimo raccoglierlo in una specie di imbuto magnetico potremmo utilizzarlo per far funzionare un reattore a fusione in modo da accelerare il veicolo spaziale.

Perché l’idea di Bussard potrebbe funzionare (e perché no)

Due ricercatori dell’Università di Vienna, Schattschneider e Jackson, hanno recentemente riesaminato l’idea di Bussard utilizzando un software per il calcolo dei campi elettromagnetici e hanno scoperto, con loro grande sorpresa, che il principio base che prevede di intrappolare particelle magnetiche potrebbe funzionare. Le particelle, in effetti, possono essere raccolte nel campo magnetico e guidate in una determinata camera di reazione.

La buona notizia è che un campo magnetico statico sarebbe in grado di incanalare la materia interstellare e guidarla nel reattore a fusione. La cattiva è che per ottenere una spinta equivalente a 10 milioni di newton (il doppio della propulsione dello Space Shuttle, per capirci), il campo magnetico dovrebbe avere un diametro di 4000 km. Non solo, perché dovrebbe anche essere lungo 150 milioni di chilometri per catturare e incanalare adeguatamente l’idrogeno per la fusione. È l’equivalente della distanza fra la Terra e il Sole, nota anche come Unità Astronomica (1 AU).

Al momento, insomma, sembra improbabile poter effettuare un viaggio interstellare a velocità relativistiche. L’unica soluzione potrebbe essere quella di inviare nanosonde oltre il sistema solare, utilizzando la propulsione a energia diretta (DEP). Un’idea, questa, su cui si basa tra l’altro il progetto Breakthrough Starshot, che nei prossimi decenni potrebbe effettivamente inviare questi minuscoli velieri su Alpha Centauri o sulle stelle a noi più vicine.

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