Diversi studi realizzati per contrastare il Surriscaldamento Globale prevedono l’oscuramento della luce del Sole, ma sono davvero utili e soprattutto realizzabili?

Il problema del Surriscaldamento Globale è una questione odierna che i governi mondiali, attualmente senza grandi passi avanti, stanno trattando cercando di limitare le emissioni che causano un effetto serra incontrollato. Tra le possibili soluzioni pensate dagli scienziati ce ne sono di davvero fantascientifiche e una di queste si propone di ridurre i raggi del Sole che colpiscono il nostro pianeta. Ma possiamo davvero costruire un enorme ombrello per oscurare il sole?

Una tale impresa sarebbe un progetto su una scala globale come nessun altro. Ci vorrebbero almeno 400 lanci di razzi dedicati all’anno per dieci anni – e finora nel 2022 ci sono stati 172 lanci di razzi da parte di tutte le nazioni. Il peso totale sarebbe di 550.000 tonnellate nella migliore delle ipotesi. E un tale progetto potrebbe effettivamente invertire il cambiamento climatico e riportarci indietro dall’orlo del disastro globale?

La risposta sembra essere positiva: potrebbe funzionare, ma ci sono delle conseguenze. E con il destino del pianeta in gioco, meglio esaminarle a fondo prima di impegnarsi in una cosa del genere.

Un progetto di ingegneria senza precedenti

Video dell’aumento del Surriscaldamento Globale dal 1880 al 2021. Credits: NASA/GSFC GISS

Innanzitutto, parliamo dell’ingegneria che lo renderebbe possibile. Un documento di Olivia Borgue e Andreas Hein, pubblicato dalla rivista Acta Astronautica la scorsa settimana, descrive alcune delle scienze dei materiali necessarie per realizzarlo.

La versione più realistica non sarebbe composta da un unico parasole, ma centinaia di piccoli ombrelli in un vero e proprio sciame di vele solari.

La massa è infatti il fattore limitante per un tale progetto, con i costi di lancio che fissano i vincoli finanziari. Pertanto, Borgue e Hein propongono un materiale ultraleggero, fatto di film sottile e nanotubi di biossido di silicio. Questi ombrelli avrebbero una “superficie rifrangente trasparente” per reindirizzare la luce solare.

Affinché questo funzioni la vela solare non deve essere spinta via dalla pressione di radiazione del Sole, ma deve poter mantenere la sua posizione. Il design pensato cerca dunque di ridurre al minimo la pressione della radiazione sull’ombra, riflettendo piuttosto che arrestando la luce solare.

Lo sciame sarebbe posizionato nel punto di Lagrange L1 tra la Terra e il Sole. E secondo gli studi basterebbe bloccare tra il 2 e il 4 percento della luce solare per riportare le temperature della Terra ai livelli preindustriali. Gli autori ritengono che la tecnologia necessaria sia realizzabile entro 15 anni.

Ma siamo sicuri che un tale progetto sia efficace e non abbia pesanti ripercussioni di altra natura?

Le possibilità di mitigazione del riscaldamento globale

Rappresentazione artistica di una vela solare. Credit: NASA

Una prima incognita è che i rischi potrebbero essere troppo alti e ci sono ancora troppi dubbi del reale funzionamento. Le simulazioni fanno del loro meglio per prevedere i risultati (e i ricercatori hanno effettuato simulazioni climatiche proprio su questa idea), ma non sono perfette. Inoltre, anche le conseguenze note non sono tutte positive.

Mentre le temperature sarebbero riportate a livelli sostenibili, ciò causerebbe anche una riduzione globale delle precipitazioni del 5%. Ciò significa meno inondazioni (buona notizia per i paesi a bassa quota minacciati dai cambiamenti climatici), ma anche più siccità nelle regioni aride

Il modello di vela solare tuttavia, potrebbe essere facilmente rimosso se le cose vanno male ma ci sono alternative più permanenti che vanno incontro alla stessa idea.

Uno studio di Harvard chiamato SCoPEx sta verificando l’ipotesi di rilasciare particolato di acido solforico nell’atmosfera superiore, abbassando le temperature globali in modo simile a come fanno le grandi eruzioni vulcaniche. Questi particolati possono essere dannosi per lo strato di ozono, quindi il team sta cercando alternative meno dannose, come il carbonato di calcio. È una mossa intelligente, ma andare a modificare l’atmosfera della Terra è una soluzione che non consente margine di errore di nessun genere.

La risposta a questa particolare critica – ovvero che la geoingegneria solare è troppo rischiosa – è contrastata dall’argomentazione secondo cui il cambiamento climatico sia comunque peggiore. E se continuiamo sulla strada che stiamo intraprendendo, un giorno potrebbe essere vero.

Ma la seconda, e forse più importante critica a un progetto così imponente, è che non coglie il punto del problema.
L’umanità ha bisogno di trovare modi per rallentare il consumo di risorse e ridurre le emissioni, non trovare sistemi per aumentarne lo sfruttamento riducendo i danni. Se le vele luce funzionassero, diventerebbero una facile scusa per pompare più combustibili fossili, riducendo al contempo l’urgenza di costruire tecnologie rinnovabili resilienti.

Sarebbe solo un palliativo, non una cura.

Panoramica dell’attuale situazione delle risorse terrestri danneggiate dal Surriscaldamento Globale. Credits: NASA Climate

Ad ogni modo, ricerche come lo studio SCoPEx e il documento Borgue/Hein portano comunque dei benefici come la scoperta di nuovi materiali leggeri, una modellazione più accurata dei sistemi climatici e una comprensione più profonda della chimica atmosferica.

Come ultima risorsa, un megaprogetto di geoingegneria potrebbe anche salvarci, ma sarebbe anche una resa. Il cambiamento climatico è un problema tanto politico quanto tecnologico e, in gran parte del mondo, la politica è la variabile che ci sta portando ai ritardi. La tecnologia non avrà bisogno di salvarci se i cambiamenti politici possono farlo.

Riferimenti: Universe Today, Science Direct

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